mercoledì 31 ottobre 2012

Ascolto il vuoto..

   
Ascolto il vuoto che è dentro di me 
Mentre aspetto,
mentre prego.
Il tempo che passa troppo in fretta,
e poi troppo piano,
mentre piango
lacrima dopo lacrima,
sospiro dopo sospiro,
e singulti
uno dopo l’altro ed uno accanto all’altro,
accavallandosi e sovrapponendosi alle mie parole,
alle parole che non riesco a dire.

Emily Dickinson

martedì 30 ottobre 2012

Le scelte..


Nella vita ci sono cose che ti cerchi e altre che ti vengono a cercare. 
Non le hai scelte e nemmeno le vorresti, ma arrivano e dopo non sei più uguale. 
A quel punto le soluzioni sono due: o scappi cercando di lasciartele alle spalle o ti fermi e le affronti. Qualsiasi soluzione tu scelga ti cambia, e tu hai solo la possibilità di scegliere se in bene o in male. 
Se decidi di affrontarle può darsi che la cosa ti faccia a pezzi, ma dopo avrai tutto il tempo e la forza per rimetterli insieme. 
Se scappi sarai in frantumi nello stesso modo ma il rimorso farà di te un uomo a pezzi per tutto il tempo che ti resta. E saranno pezzi ogni giorno più piccoli…

Giorgio Faletti

Un velo di rossetto e via..


Ho sempre ammirato quelle che dicono: ” un velo di rossetto e la mia giornata può avere inizio”…
io per incominciare una giornata devo mettere i capelli in ordine, scompligliati dai pensieri inespressi nella notte, devo mettere a tacere i miei demoni interni, violentandomi ogni giorno nell’anima coprendoli di gran sorrisi.. devo lucidare e rimettere la mia maschera.. quella che mi permette di non crollare sotto il peso delle mie assurde mancanze…ma sopratutto devo indossare il ricordo delle tue mani, del tuo odore, dei tuoi occhi.. del tuo fottuto sapore che mi ha avvelenato i battiti… forse, se ti avessi accanto al mio risveglio potrei dire anche io la stessa cosa..”un velo di rossetto e la mia giornata può iniziare” quando quel velo saranno le tue labbra ed i tuoi pensieri liquidi..
Isabel De Santis

venerdì 26 ottobre 2012

giovedì 25 ottobre 2012

Addii

Gli addii devono essere urlati, agitati, rabbiosi, furiosi.
Con porte sbattute in faccia.
Con telefoni muti.
Con nessun augurio di compleanno.
Con nessun sms che ti chiede come stai.
Con nessuna foto in fondo ad un cassetto.
Con nessuna forma di contatto mentale e fisico.
Altrimenti si chiama “arrivederci”. Ed è un’altra storia…

___ Crisalide inversa

Finita la tempesta..

Poi, quando la tempesta sarà finita,
probabilmente non saprai neanche tu
come hai fatto ad attraversarla e a uscirne vivo.
Anzi, non sarai neanche sicuro se sia finita per davvero. Ma su un punto non c’è dubbio.
Ed è che tu,
uscito da quel vento,
non sarai lo stesso che vi è entrato.”

___ Haruki Murakami  "Kafka sulla spiaggia"



Come mi vede lui?

Abbandonata a se stessa, era tormentata dal ricordo delle mani sul suo corpo. Ora ne sentì na sotto il braccio, che le scivolava verso la vita. Le venne in mente Martinez, il suo modo di aprirle il sesso come un bocciolo, i colpetti della sua
ua lingua veloce che copriva la distanza dal pelo pubico alle natiche, fermandosi nella fossetta alla fine della colonna vertebrale. Come gli piaceva questa fossetta che portava le sue mani e la sua lingua a seguire la curva all'ingiù e svanire tra le due morbide rotondità carnose. 

Pensando a Martinez, Matilde si sentì invadere dalla passione. E non riuscì ad aspettare il suo ritorno. Si guardò le gambe che a furia di vivere in casa erano diventate bianche, molto allettanti, di un bianco gesso simile alla carnagione delle donne cinesi, di un morbido pallore da serra che gli uomini, e in particolare i peruviani di pelle scura, amavano molto. Si guardò il ventre, senza un difetto, senza una sola piega che non avrebbe dovuto esserci. I peli pubici erano rosso dorati, brillavano al sole.

"Com'è che mi vede lui?" si chiese. Si alzò e portò un lungo specchio vicino alla finestra e lo appoggiò al pavimento, contro una sedia. Poi vi si mise di fronte, seduta sul tappeto, e lentamente aprì le gambe. La vista era incantevole. La pelle era immacolata, la vulva rosata e piena. Pensò che era come la foglia dell'albero della fomma con il suo latte segreto che la pressione delle dita poteva far uscire, la mistura odorosa che assomigliava a quella delle conchiglie marine. Così era Venere, nata dal mare, con dentro questo piccolo chicco di miele salato, che solo le carezze potevano far uscire dai recessi nascosti del suo corpo.

Matilde si chiese se sarebbe riuscita a farlo uscire dal suo misterioso nocciolo. Aprì con le dita le piccole labbra della vulva e incominciò ad accarezzarla con la dolcezza di un gatto. Avanti e indietro, si accarezzò come faceva Martinez con le sue dita scure più nervose. Le vennero in mente quelle dita scure sulla sua pelle, così in contrasto col suo pallore, così grosse che sembravano più adatte a far male che a suscitare piacere con il loro tocco. Con quanta delicatezza la toccava, pensò, tenendo la vulva tra le dita come se stesse toccando del velluto. Anche lei la prese come faceva lui, tra il pollice e l'indice. Con l'altra mano libera continuò ad accarezzarsi. Provò lo stesso scioglimento che sentiva sotto le dita di Martinez. Da qualche luogo oscuro stava arrivando un liquido salmastro, a coprire le ali del suo sesso; e tra esse ora brillava.

___ Anais Nin



mercoledì 24 ottobre 2012

Era troppo amore..

Era troppo amore.
Troppo grande, troppo complicato, troppo confuso, e azzardato e fecondo e doloroso.
Era tutto quello che potevo dare, più di quanto mi convenisse.
Per questo si infranse.
Non si esaurì, non finì, non morì, semplicemente si infranse, crollò come una torre troppo alta, come una scommessa troppo alta, come un’aspettativa troppo ambiziosa.”

___ Almudenas Grandes "Troppo Amore"

Mi tormenti la mente..

È strano. Se un pensiero ti tormenta lo trovi espresso dappertutto, lo respiri anche nel vento.


___ Tonio Kroger - Thomas Mann

martedì 23 ottobre 2012

Show me your soul..


Così pensava a lui..



Così pensava a lui senza volerlo, e quanto più pensava a lui più le veniva rabbia, e quanto più le veniva rabbia tanto più pensava a lui, finché non fu qualcosa di così insopportabile che le travolse la ragione.

G. G. Márquez 

lunedì 15 ottobre 2012

Maledetti siano i Vostri occhi


Maledetti siano i vostri occhi: m’hanno stregata e m’hanno diviso in due. Una metà di me è vostra, l’altra metà è ancor essa vostra. Vorrei poterla dir mia. Ma se è mia, ne consegue ch’è vostra. E così è tutto vostro.

William Shakespeare

Sua

Quando Louise si fermò davanti al grande letto di ferro, in attesa, lui le disse: “Tieni la cintura.” 
Poi incominciò lentamente a strapparle il vestito intorno ad essa. Con calma e senza sforzo, gliela strappò striscia
per striscia, come se fosse fatta di carta. 

Louise tremava sotto la forza delle sue mani. Oramai era tutta nuda salvo per la pesante cintura d’argento.
E solo allora lui la fece sdraiare sul letto e la baciò interminabilmente, con le mani sui suoi seni. Ella sentì il peso doloroso sia della cintura che delle mani di lui che le premevano forte la carne nuda………..

Antonio ignorò i suoi movimenti di impazienza. Non solo continuò a baciarla come se stesse bevendole tutta la bocca, la lingua, il respiro, risucchiandolo nella sua grande bocca scura, ma le sue mani la dilaniavano, si immergevano a fondo nella sua carne, lasciandole segni dolorosi dappertutto. Louise era bagnata e tremante…………..
“C’è tempo,” le disse lui……..Poi si allontanò e si spogliò. 


Aveva un corpo bruno e dorato, un pene liscio come il resto del corpo, grande, solido, come un bastone di legno
tornito. Louise lo prese in bocca, cadendo su di lui. Le sue dita la percorrevano dappertutto, nell’ano, nel sesso; la lingua si infilò nella bocca, nelle orecchie. Le morse i capezzoli, le baciò i ventre e glielo morse. 


Louise cercava di soddisfare il suo desiderio strofinandosi contro la sua gamba, ma lui non glielo permise.
La piegò come fosse fatta di gomma, rivoltandola in ogni posizione.
Con le sue mani forti prendeva qualsiasi parte del corpo di lei di cui aveva voglia e se la portava alla bocca come un boccone saporito, senza preoccuparsi di cosa succedeva al resto del corpo. Proprio così, le prese il culo tra le mani, se lo portò alla bocca e lo morse e lo baciò. 


Louise lo implorava: “Prendimi, Antonio, prendimi, non ce la faccio più!”. Ma lui non la prendeva.
A questo punto il desiderio del suo ventre infuriava come un incendio. Pensò che l’avrebbe fatta impazzire. Qualsiasi cosa cercasse di fare per raggiungere l’orgasmo, lui la frustava. Persino se lo baciava troppo a lungo, lui si allontanava. Mentre Louise si muoveva, la sua cintura faceva un suono tintinnante, come la catena di una schiava. E in verità, adesso era la schiava di questo enorme uomo bruno. Comandava come un re. Il piacere di Louise era subordinato al suo e la donna si rese conto che non poteva fare niente contro la sua forza e la sua volontà. 


Egli voleva sottomissione. 


Il desiderio le morì dentro per puro esaurimento. Tutta la tensione abbandonò il suo corpo, ed ella divenne soffice come cotone. E in questa morbidezza l’uomo si immerse con grande esultanza. 


La sua schiava, la sua proprietà, un corpo spezzato, ansimante, malleabile, che diveniva morbido sotto le sue dita. Le sue mani le frugarono ogni angolo del corpo, senza lasciare nulla di intatto, plasmandolo, forgiandolo per
assecondare la sua bocca, la sua lingua, premendolo contro i suoi grandi denti brillanti, marchiandola come sua.


Anais Nin

domenica 14 ottobre 2012

Il dono di Afrodite

Non dissi: "O donna, chi sei tu?"
Non chiesi: "D'onde venuta, di quali iddii messaggera?"
Ma la conobbi subitamente, muta ed eloquente.
Per sentieri profondi tratta me l'avea sola dall'armonia dei mondi il Desiderio".

G. D'annunzio - Il dono di Afrodite

sabato 13 ottobre 2012

Inversa_mente


"Non era bellissima, e forse non era nemmeno bella.
 Allungò una mano per appoggiarla sulla spalla di Lui, larga come un continente, forse casualmente, forse era solo il modo innocente in cui si fanno le cose più deliberatamente criminali.
Lui fiutò l'odore acre del pericolo.
Eppure le corse incontro a braccia aperte, ansioso di conquistarsi lo spicchio d'inferno che ancora gli mancava.
L'inferno è dentro di noi, non è fuoco e fiamme in un'altra vita.
E' quel fuoco che divampa tra stomaco e polmoni, che attraversa, sotto le mentite spoglie delle "sensazioni", tutta la nostra vita.
Affonderei volentieri le mani nella tua anima a sporcarmi del tuo inferno, che il mio lo conosco già".

(cit.)

venerdì 12 ottobre 2012

Amo l'autunno


Amo l’autunno, questa triste stagione si addice ai ricordi. Quando gli alberi non hanno più foglie, quando il cielo conserva ancora al crepuscolo la rossa tinta che indora l’erba appassita, è dolce guardare spegnersi tutto ciò che poco fa bruciava ancora in noi.

Gustave Flaubert, Novembre