lunedì 28 ottobre 2013

Confessione del fuggiasco.

Sono felice solo nell'andarmene.

Non tra le quattro mura, con relative spade,
bensì tra qua e là, tra una casa e l’altra,
nessuna mia, preferibilmente.

Non posso più né voglio stare fermo.
Né ora né più tardi. Né qua né là.


Semmai laggiù, dove ora tu ti trovi,
chiunque tu sia, mettimi il tuo nome
sulle labbra assetate, insaziabili.


Io non sono io né posso avere casa.


Non dico “oramai” perché mai lo sono stato,
né mai ne ho avuto una, essendo forestiero
dentro e fuori di me. Sono ciò che no:
il barbone che dorme sotto il ponte
che unisce le mie due rive e l’attraverso
senza poter fermarmi giorno e notte.


Scrivo perché cerco, e perché attendo.
Ma non so più che cosa, l’ho scordato.
Spero che nello scrivere
riesca a ricordare. Mi ostino nell’addiaccio.


Diviso fra parentesi
dentro lo spazio vivo ed il tempo morto
dell’attesa di che cosa, tra due “qui”.
Mai essere “in” ma “tra”. 


Esci da me,
chiunque tu sia, lasciami in pace
o falla finita con me e con l’amaro
miele di vivere solo a parlare da solo.


Ho deciso che la mia patria sia
non decidere, non essere in posto alcuno
se non di passaggio, ponti, navi, treni,
dove io sia solo un passeggero
che so di essere, pure sapendo
che la pace mi preoccupa,
mi spaventa la quiete,
non m’interessa la sicurezza,
e solo son felice sapendomi fugace.

___ Juan Vincente Piqueras


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