mercoledì 29 maggio 2013

Tutto gli appartiene.

"Sono pronta" - dico.
Si avvicina a me, con forza mi sbatte al muro.
Mi solleva prepotente la gonna, mettendomi a nudo.
Inarco impudica la schiena, porgendogli le mie rotondità, coperte da quel piccolo pezzo di stoffa e solcate dal reggicalze.
Voglio che mi guardi. Tutto gli appartiene di me.
Tutto il mio corpo.
Il mio sedere, le mie gambe velate sotto quelle calze, i miei seni che diventano turgidi di piacere, il mio sesso che pulsa e si bagna indecente.
Tutto gli appartiene.
La mia mente che urla di desiderio, costruendo immagini oscene, il mio respiro affanoso, la mia voglia che già cola rigando le mie le cosce.
Freme il mio corpo schiacciato contro la parete, mentre scosta quel lembo bagnato di stoffa che ci divide. Il Suo cazzo si fa spazio tra le mie natiche, si bagna dei miei umori e con un colpo deciso entra nel mio culo. 
Ondeggia il mio corpo sotto i Suoi colpi, mentre gemiti di dolore e piacere escono dalla mia bocca.
Tutto gli appartiene. Non sono più nulla.
All'improvviso si ferma. La mia mente barcolla ancora sospesa nel vuoto.
Scivola fuori di me.
Sussulto, mentre un oggetto freddo si insinua tra le mie natiche e colma i miei spazi.
Copre quel segreto con le mie mutandine, mi aggiusta la gonna e si allontana da me.
Rimango inerte, attonita, sospesa nel piacere e nella paura di dover convivere con quel segreto dentro me.
"Andiamo" - mi dice, con un sorriso che ormai conosco.
Lo seguo, ancora con la mente intorpidita dall'inattesa sfida.
Mi muovo lenta, goffa, dietro di Lui.
Ogni passo provoca i me attimi di piacere, accrescendo la mia voglia.
Lo seguo nell'ascensore, poi nella hall dell'albergo, fino alla macchina.
L'eccitazione cresce ad ogni passo, mischiata alla paura. Paura che qualcuno capisca, paura che quell'oggetto scivoli via, paura di non farcela a trattenere il piacere.
Raggiungiamo in macchina il ristorante. Il viaggio è un'eccitante tortura.
Ogni buca, ogni movimento, fa vibrare quell'oggetto dentro me e bagna le mie mutandine di piacere.
Il cameriere ci fa sedere al tavolo. Sono in difficoltà.
Sento il mio sesso pulsare, la mia voglia scendere indecente tra le cosce, mentre Lui mi parla.
Non riesco a seguire i discorsi. Ho la mente annebbiata dal piacere.
Mi muovo lentamente sulla sedia, dondolo le gambe, facendo muovere il plug dentro me e cercando di trattenere il mio ansimare.
Cerco il Suo sguardo. Vorrei chiedergli il permesso di toccarmi, di mettere fine a quella voglia che urla nel mio corpo, a quel piacere che mi scorre fin dentro alle viscere.
Ma Lui non sembra capire. Mi fisso, immobile sulla sedia, cercando di concentrarmi sulle parole, cercando di scordare il mio corpo, le mie mutandine fradice.
Ma più distolgo la mente, più mi avvicino al limite.
Vorrei solo dirgli che la smetta di parlare, mi porti in bagno e mi scopi, come sa fare Lui.
Ma tutto gli appartiene di me. Perfino un piacere spinto al limite e un orgasmo negato.
Non sono più nulla in questo momento.
Solo una mente svuotata che fluttua nel piacere e carne che urla il desiderio di Lui.

___ ilBiancoEilNero


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