Eppure dovevamo parlare.
Sì. Era così che avevo detto.
Ed invece eccomi qui.
La rabbia svanita, la testa svuotata, e Lui di nuovo Padrone del mio corpo dal primo istante che l'ho visto.
Il tragitto sembra non finire mai, mentre la Sua voce risuona nell'auto come un eco lontano.
Non ascolto.
Il Suo sguardo, la Sua voce, il Suo sapore ancora sulle mie labbra, il contatto del Suo sesso eretto attraverso i vestiti.
Ecco.
Ho di nuovo perso il controllo.
Sono solo carne dilaniata dal desiderio, pelle che brama le Sue mani, voglia indecente, mentre le Sue parole scivolano senza senso sulla mia mente annebbiata.
La porta si chiude dietro di noi.
Il mio cuore accelera, il respiro si fa veloce, mentre mi spinge con le spalle contro la porta.
Sono un animale in gabbia, incastrata tra il Suo corpo e quella fredda superficie.
Con la mente smarrita, cerco di liberararmi, farfugliando "Dovevamo parlare".
"Stiamo parlando" - mi risponde, bloccandomi i polsi.
Non ho più difese.
Il mio corpo parla per me.
La Sua mano si insinua nelle mie mutandine intrise di voglia, schiude le labbra, raccoglie quel miele testimone della mia resa e lo porta sul mio viso.
Mi vergogno.
Mi vergogno di quel che divento tra le Sue mani.
Non sono più nulla.
Solo carne che si scioglie come cera sotto il Suo sguardo e si fa liquido piacere,
solo bruciante desiderio di essere Sua.
Poi il mio volto schiacciato su quella superficie, i miei pantaloni e le mie mutandine scese a scoprire il mio sesso, il Suo cazzo che si fa spazio dentro me, il mio corpo che cede sotto l'impeto doloroso dei Suoi colpi.
Dovevamo parlare. Sì. Era così che avevo detto.
In fondo abbiamo parlato.
Nell'unico modo in cui siamo capaci di farlo.
Nell'unico modo in cui riesco a sentirlo, ad ascoltarlo.
Nell'unico modo in cui intravedo la Sua anima.
___ ilBiancoEilNero
Verba volant, tactus manent...
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