domenica 21 aprile 2013

La muta.

Ho scavato dentro me, riaperto vecchie ferite che stanno sanguinando veleno.
Il nero sbava sulla mia anima senza alcuna pietà. Lui ne ha visto solo qualche goccia.
Come un serpente nel suo periodo di muta, i miei occhi si fanno grigi, ciechi,
il liquido lattiginoso mi rende opaca,
sento lo strato superficiale della pelle che si separa da quella profonda.
Cosa sono adesso? Cosa diventerò?
Mi imbarazza mostrarmi per quella che sono, non voglio guardare quanto sia profondo il mio nero.
Non voglio che Lui lo veda.
Vorrei essere nata diversa, sarebbe stato più semplice.
Oppure avrei dovuto continuare ad indossare quella pelle protettiva e nascondermi dietro ad essa.
E invece la muta è cominciata e non si può tornare indietro.
Striscio, mi cotorgo.
La pelle si sfoglia, si sfalda.
Guardo con occhi offuscati i frammenti di pelle caduti e provo dolore. Dolore e paura.
E più provo dolore e più ne vorrei sulla mia pelle.
Vorrei vederla sanguinare il dolore che ho dentro, come un salasso.
Quanto sono fragile in questo momento? quanto odio vedermi e farmi vedere così.
Vorrei nascondere quei brandelli di pelle, vorrei che Lui non li vedesse mai.
Questa sono io, queste le mie paure, questa la mia fragilità, questo il mio nero, il mio inferno.
Immobile, il respiro rallenta. Mi sento soffocare.
Apnea.
La mia pelle giace lì, come un vecchio strato raggrinzito.
Non guardarmi adesso, ti prego.

Riprendo a respirare.

2 commenti:

  1. La strada è quella giusta, e sono convinto che la nuova pelle possa essere la più adeguata al tuo attuale mondo interiore in cerca di risposte. Parlando di pelle e di mute, un regalo per te, da parte della mia scrittrice preferita:

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    Ciò che amo, è partire, scegliere la strada.
    Lo spazio, il presente, l'oblio.
    La strada sono io, un serpente e, ancora, il
    cammino lasciato dietro me è la mia vecchia pelle abbandonata. La strada è la vita, un liberarmi continuamente dalle apparenze, uno sradicarmi da me stessa per rinascere nuova, luminosa, un dare vita alla sconosciuta che veglia
    in me, a fior di pelle, in attesa della liberazione.

    La strada è un po' come l'amore: ci si sente partire, nient'altro importa se non essere là, mentre lo vivi, teso verso uno scopo che a volte non ha nome, che può fuggire e cambiare man mano che si procede, uno scopo il cui interesse è proprio quello di non essere mai l'ultimo, uno scopo che non è vicino alla morte ma, nel suo
    movimento di resurrezione incessante, la glorificazione stessa della vita.

    (Alina Reyes, Fughe d'amore, Marsilio)

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    Bacio, Eclissi

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    1. Lo penso anch'io. Quella pelle andava cambiata, non era più la mia.

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